Due ordinanze della Cassazione, la n. 3661/2020 e la 3662/2020 si pronunciano in materia di assegno di divorzio. La prima specifica che l’assegno di divorzio deve essere ridotto se la moglie, dopo la fine del matrimonio, non si attiva nel cercare un lavoro e tiene un atteggiamento passivo, facendo così ricadere la conclusione del rapporto sull’ex marito. La seconda invece chiarisce che, nel riconoscere e quantificare l’assegno di divorzio è necessario tenere conto anche dell’inadeguatezza dei mezzi o dell’impossibilità oggettiva da parte del coniuge richiedente, di procurarsi autonomamente i mezzi necessari.
Ridotto l’assegno alla ex che dopo il divorzio eredita e non cerca un impiego
Nella prima vicenda processuale la Corte d’Appello su ricorso dell’ex marito, tenuto a versare alla ex moglie un assegno mensile di 4000 euro in virtù della sentenza di divorzio, riduce l’assegno a 2000 euro, perché la donna nel frattempo è diventata erede prima della madre e poi del padre e dopo la separazione non ha cercato un’occupazione.
Avversa la decisione del giudice di secondo grado, la donna ricorre in Cassazione lamentando nel quarto motivo del ricorso come la Corte abbia interpretato erroneamente l’art. 5 comma 6 della legge n. 898/1970 nella parte in cui afferma che dopo la separazione non c’è prova che la ex moglie si sia attivata nella ricerca di un’occupazione.
Dimezzato dal giudice del gravame l’assegno di divorzio alla ex moglie
Nella seconda la Corte d’Appello riduce l’assegno mensile di 1000 euro stabilito dal Tribunale in favore della moglie a 500 euro. La donna ricorre in Cassazione e i suoi difensori depositano memoria in cui danno atto del raggiunto accordo tra le parti, con cui è stabilito l’obbligo, a carico del marito, di versare alla ex moglie la somma di 20.000 euro a titolo di mantenimento una tantum.
Il marito però ricorre in Cassazione lamentando come la corte d’Appello si sia limitata a riconoscere l’assegno divorzile in favore della ex moglie, in base a un semplice giudizio comparativo delle condizioni personali ed economiche delle parti, senza indagare sull’esistenza dei presupposti richiesti ai fini del riconoscimento di questo diritto.
Assegno divorzio ridotto senza impossibilità oggettive di procurarsi i mezzi
La prima vicenda processuale si conclude con l’emissione dell’ordinanza n. 3661/2020 che dispone il rigetto del ricorso della moglie. Per la Corte infatti, nel riconoscere e nel quantificare l’assegno di divorzio, assumono rilievo “le capacità dell’ex coniuge di procurarsi i mezzi di sostentamento e le sue potenzialità professionali e reddituali, piuttosto che, come ritiene parte ricorrente, le occasioni concretamente avute dall’avente diritto di ottenere un lavoro. Infatti se la solidarietà post coniugale si fonda sui principi di autodeterminazione e autoresponsabilità, non si può che attribuire rilevanza alle potenzialità professionali e reddituali personali, che l’ex coniuge è chiamato a valorizzare con una condotta attiva facendosi carico delle scelte compiute e della propria responsabilità individuale, piuttosto che al contegno, deresponsabilizzante e attendista, di chi di limiti ad aspettare opportunità di lavoro, riversando sul coniuge più abbiente, l’esito della fine della vita matrimoniale.”
Sulla seconda vicenda processuale la Cassazione, con ordinanza n. 3662/2020 accoglie il ricorso del marito e rinvia alla Corte d’Appello in diversa composizione, con l’obbligo di attenersi al seguente principio di diritto (non rispettato dal giudice dell’impugnazione nella prima fase del giudizio): “ai sensi della l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, dopo le modifiche introdotte con la l. n. 74 del 1987, il riconoscimento dell’assegno di divorzio, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale e in pari misura compensativa e perequativa, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o comunque dell‘impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, attraverso l’applicazione dei criteri di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro di cui si deve tener conto per la relativa attribuzione e determinazione, ed in particolare, alla luce della valutazione comparativa delle condizioni economico patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.”